Questo è un articolo dedicato al motore a pistoni. Ma, più correttamente, avremmo dovuto intitolarlo al plurale. E’ necessario infatti parlare di motori a pistoni, perché questa tipologia di propulsione vanta numerose varianti. Ma proviamo di seguito, ad approfondire un po’.
Breve storia del motore a pistoni
Forse non tutti sanno che ad inventare e brevettare, per primi, un motore a pistoni, sono stati due italiani, per la precisione toscani: Eugenio Barsanti e Felice Matteucci, nel lontano 1853. L’idea fisica alla base della geniale invenzione era quella di poter trasformare l’energia chimica in energia meccanica, così da poter far muovere un veicolo. Il progetto e il prototipo prevedevano un processo di combustione in una “camera di compressione”, situata all’interno del cosiddetto cilindro, tubo verticale nel quale era inserito uno stantuffo, il vero e proprio pistone. L’onda d’urto conseguente all’esplosione della miscela chimica provocava un repentino movimento verso l’alto del pistone, nonché la sua conseguente ridiscesa.
A sfruttare appieno l’idea alla base dell’invenzione italiana fu però un tedesco, Nikolaus August Otto, il quale brevettò indipendentemente dai due predecessori un motore a pistoni decisamente più efficace e popolare: il motore a quattro tempi.
Motore a pistoni: come funziona?
Abbiamo già intuito che alla base del motore a pistoni c’è l’idea di una combustione esplosiva in un ambiente chiuso sul quale si affaccia uno o più cilindri.
L’energia chimica sprigionata dalla combustione si trasforma in energia meccanica, provocando il moto di uno o più stantuffi – i nostri pistoni – verso l’alto con il conseguente loro ritorno verso il basso.
E’ in genere la disposizione dei cilindri rispetto al blocco motore a generare le varie tipologie di motore a pistoni.
Motore a quattro/sei cilindri contrapposti
Probabilmente il più diffuso motore a pistoni è quello a quattro o a sei cilindri contrapposti orizzontalmente. Rispetto all’albero motore centrale, in questo tipo di propulsore si trovano due o tre cilindri per lato, disposti orizzontalmente.
I relativi pistoni sono pertanto accoppiati perpendicolarmente rispetto all’albero motore, di modo che il movimento di ogni coppia – grazie agli ingranaggi sapientemente progettati – sia contemporaneamente verso l’interno e verso l’esterno.
La tecnologia più comune è quella cosiddetta “boxer“. Una delle più note autovetture a montare questo tipo di motore è la mitica Porsche 911.
Motore a V
Nei motori a V la V indica l’angolo della disposizione dei cilindri rispetto all’albero motore.
In tal caso quindi i cilindri non vengono posizionati orizzontalmente, formando 180° rispetto all’asse dell’albero, ma generando angoli ben più stretti.
Caso particolare del motore a V è il motore a L, nel quale il posizionamento dei cilindri forma un angolo di 90°.
A sfruttare questa tecnologia è – ad esempio – la Harley-Davidson con un motore bicilindrico a V di 45° e la Ducati, con un bicilindrico ad L.
Motore in linea
Com’è intuibile, i motori in linea sono quei motori a pistoni nei quali i cilindri sono semplicemente allineati. Questo tipo di propulsori sono molto diffusi in ambito automotive, con alcune varianti sia per il numero di cilindri montati (da tre a sei) sia per l’inclinazione del motore rispetto all’asse. A sfruttare i tre cilindri – per motivi legati al risparmio dei consumi – si sono orientate in tempi recenti moltissime case automobilistiche.
A privilegiare invece il motore inclinato è stata qualche decennio fa la Chrysler.
Motore radiale
Concludiamo menzionando il motore radiale, nel quale i cilindri sono posizionati attorno all’asse dell’albero motore formando come una stella. Per questo motivo tale propulsore è noto anche come motore stellare.
Si tratta di una propulsione molto diffusa in aeronautica prima dell’avvento dei Jet. Pochissime le auto a motore radiale. Citiamo solamente un pezzo letteralmente da museo: la Monaco-Trossi del 1935.